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Maldamore - Recensione

12/03/2014 | Recensioni |
Maldamore - Recensione

Non drammatizziamo, è solo questione di corna, recitava il titolo italiano di una commedia del “ciclo Doinel” di François Truffaut. Il film, in originale Domicile conjugal, seguiva le vicende di una coppia di sposini alle prese con il problema più antico del mondo.
Lo stesso invito a non drammatizzare potrebbe essere il sottotitolo di Maldamore, commedia con cui il regista Angelo Longoni torna alla regia cinematografica dopo ben sedici anni di lontananza (era il 1997, il film era Facciamo fiesta), periodo in cui si è dedicato a lavori per il piccolo schermo.
Ebbene si, l’amore fa male, molto male, soprattutto quando entrano in gioco tradimenti, gelosie, bugie, inganni. Qui il maldamore colpisce due coppie, Veronica (Ambra Angiolini) e Marco (Luca Zingaretti) e Sandra (Luisa Ranieri) e Paolo (Alessio Boni). I primi sono i genitori di una bimba e una coppia in bilico a causa delle frequenti crisi della donna, i secondi sono desiderosi di avere un figlio che, però, non arriva. Una sera, per caso, scoppia la bufera a causa di una banale distrazione. Un interfono per bambini viene lasciato acceso per sbaglio mentre Marco e Paolo si confessano reciprocamente di aver tradito le rispettive partner. Queste verità porteranno a conseguenze fatali, tra separazioni, incontri vecchi e nuovi, tradimenti, gelosie, perdoni.
Quattro personaggi in cerca d’amore, quattro persone sull’orlo di una crisi di nervi. Si, perché si comincia con toni alti, con quel “bastardi!” urlato dalle due donne ai rispettivi compagni a inizio film.
Ma l’amore si sa, ha a suo sfavore la prova del tempo. Come sottolineato dal regista, il tempo, grande nemico della passione e dell’attrazione, capace di trasformare i sentimenti e ridurre gli slanci irrazionali, ha però dalla sua un vantaggio e cioè quello di rendere le persone più lucide, accomodanti e comprensive, meno inclini alla gelosia e all’irrazionalità. Il tempo alla lunga permea l’amore di maturità e realismo, portando alla vera crescita delle coppie. Con buona pace di traditi e traditori.
Un trattatello in forma di film, su gelosia e tradimento, matrimonio e libertà, famiglia e sesso, amore e passione, sincerità e sotterfugio. Queste sulla carta le intenzioni del regista che è partito da una sceneggiatura scritta insieme a Massimo Sgorbani. Ma la messa in scena cinematografica mostra crepe da più parti. In primis una regia che mostra uno stile troppo televisivo (sedici anni di lavoro per il piccolo schermo lasciano il segno) fatto di primi piani e dialoghi spesso troppo sopra le righe che riducono molte scene a semplici sketch che sembrano figli della più banale sit-com. E così, se appaiono sprecati i talenti recitativi dei due protagonisti maschili (Zingaretti e Boni), a scivolare in una recitazione un po’ sopra le righe è soprattutto Ambra Angiolini mentre Luisa Ranieri riesce ad essere più misurata e in fondo quasi credibile nel ruolo di tradita-traditrice razionale.
Sinceramente sottoutilizzate sono anche le belle musiche di Sergio Cammariere per una commedia che non riesce a rendere le pur interessanti idee di base, trasformandosi in un gioco al massacro tra uomini e donne per di più aggravato da un’eccessiva presenza del 'product placement'.
“Soltanto l’amante può giurare e avere il perdono degli dei, se trasgredisce un giuramento: dicono infatti che un giuramento d’amore non ha valore” questa chiosa finale del film tratta dal Simposio di Platone, contiene una spiazzante verità sull’amore, un terreno in cui il giuramento non avrà mai valore perché messo alla prova del tempo e stritolato dalla morsa della quotidianità.
Ma, al di là dell’illustre riferimento filosofico, il film appare per lo più come un’occasione mancata, incapace di restituire il vero senso dell’inafferrabilità dell’amore e della totale ingovernabilità dei sentimenti in cui è la mancanza di spontaneità e naturalezza a dominare, tra tipi umani divisi in diverse categorie di infedeli (seriali, emotivi, occasionali e razionali).
Camei per Claudia Gerini nei panni di una seduttrice con vizietto sadomaso e Maria Grazia Cucinotta (anche produttrice del film) nelle vesti di una zia supersexy.

Elena Bartoni

 


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